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Arturo Toscanini e l’estetica della tavola

toscanini

Compositore emiliano della metà dell’800, si formò per lungo tempo in America dove si rifugiò in quanto antifascista. Meticoloso in campo musicale e con una memoria di ferro: riusciva a dirigere un’orchestra senza l’ausilio dello spartito.
Era anche un buongustaio ma teneva non solo al piatto ma anche alla presentazione e all’atmosfera in tavola.

L’impiattamento: da mera utilità a nuova forma di arte

Kaiseki

Il primo assaggio avviene sempre con gli occhi: la sensazione visiva di un piatto è importante quanto il suo sapore. È quanto emerge da una ricerca di Ophelia Deroy del Centro Studi dei Sensi dell’Università di Londra e pubblicata su Flavour Journal.

Il cibo non è mai presentato e servito così com’è ma dovrebbe essere elaborato nel modo più attraente possibile. Questo fatto forse ovvio, chiamato “impiattamento” ha ricevuto poca considerazione fino ad ora dagli studiosi del cibo. Una negligenza che contrasta con l’enorme interesse condiviso da chef, pubblico e mezzi di comunicazione.

In ogni caso, tutti dovrebbero essere portati a conoscenza del fatto che le presentazioni delle portate toccano tutte e tre le componenti chiave del piacere, come individuato da Daniel Kahneman nel suo lavoro sulla psicologia edonica: l’aspettativa, l’esperienza e la memoria. Molti considerano l’impiattamento come la ciliegina sulla torta, una fase finale del processo di realizzazione del piatto che può essere eseguita in maniera indipendente dal sapore della ricetta, invece, è diventato centrale per il pasto e dovrebbe essere riconosciuto sia come guida nella creazione culinaria che nella presentazione a tavola.

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